l'Ambivalenza nelle dipendenze patologiche

Cosa si intende per "ambivalenza" nell'ambito delle dipendenze patologiche?

  • Versione breve:

"dottore sto malissimo mi aiuti/voglio continuare a sballarmi/sballarmi mi piace troppo"... 

In pratica quel misto di sentimenti positivi e negativi verso la sostanza e la dipendenza per cui da un lato la persona vorrebbe smettere, ma dall'altro non si sente realmente pronta ad abbandonare la sostanza definitivamente.
 Tali sentimenti possono presentarsi nel medesimo momento (facendo tentennare il soggetto o provocando un'adesione al trattamento "poco convinta") o ciclicamente con persone che magari in un certo momento sono super decise a smettere, ma tot tempo dopo ricadono, magari più e più volte (le ragioni della ricaduta nelle dipendenze sono molteplici ed essa è assai frequente, ma credo che l'ambivalenza abbia un ruolo importante). 
Questo chiaramente complica molto la terapia per le dipendenze patologiche e ha poco senso definire genericamente le persone ambivalenti come "poco motivate" in modo "colpevolizzante" o peggio rifiutargli ogni aiuto "fino a che non saranno più decise"..


la ruota del cambiamento
[la ruota del cambiamento]


La ruota del cambiamento descrive bene il variare dell'ambivalenza a seconda dello "stadio" a cui la persona si trova, e il colloquio motivazionale si sofferma molto sulla gestione dell'ambivalenza del soggetto al fine di favorire la motivazione al cambiamento e la stabilizzazione dello stesso nel tempo e/o l'eventuale gestione di ricadute.

  • Versione lunga:

L'ambivalenza, nel contesto delle dipendenze patologiche, si riferisce a sentimenti contrastanti o opposti che una persona può provare contemporaneamente verso la sostanza o il comportamento di dipendenza. 
Questo stato di conflitto interiore può rendere difficile per gli individui sia l'iniziare una terapia che mantenere la sobrietà, poiché possono sentirsi divisi tra il desiderio di continuare l'uso e il bisogno di smettere. 
La gestione di questa ambivalenza è cruciale, poiché può portare a ricadute se non affrontata adeguatamente con un approccio terapeutico integrato che consideri gli aspetti biologici, psicologici e sociali della dipendenza.

Per gestire l'ambivalenza nelle dipendenze, è essenziale adottare un approccio terapeutico multifocale che includa strategie farmacologiche, comportamentali, psicologiche e sociali (modello bio-psico-sociale delle dipendenze). 

modello bio-psico-sociale


Il trattamento farmacologico può aiutare a controllare l'impulsività e le compulsioni (craving) e trattare disturbi psichiatrici sottostanti, mentre le tecniche comportamentali mirano a sostituire abitudini negative con altre più salutari e a gestire i trigger che scatenano il craving e possono favorire la ricaduta
La terapia psicologica può affrontare i modelli di pensiero sottostanti e la mindfulness può aiutare a ridefinire i comportamenti e gestire stress e pensieri/emozioni disturbanti. 
Infine, il supporto sociale attraverso gruppi di auto-mutuo-aiuto o un luogo protetto in comunità terapeutiche può fornire un ambiente favorevole al cambiamento soprattutto laddove ci siano carenze in tal senso nell'ambiente di vita del soggetto. 
Molto importante anche un piano a lungo termine per il aiutare la persona a reimmettersi nella normale vita sociale, famigliare e lavorativa poichè se non esiste un "dopo" con una prospettiva di "vita sobria un minimo soddisfacente" la ricaduta non è più sintomo di ambivalenza vera e propria, ma piuttosto di una mancanza di prospettive/alternative tollerabili.

  • Versione neurobiologica:

E' normale che, se una persona ha tratto piacere o sollievo dall'utilizzo di una sostanza psicoattiva se lo ricordi, e che quindi possa avere sentimenti contrastanti al pensiero di abbandonarla nonostante gli effetti negativi che tale sostanza ha sulla sua salute e/o sulla sua vita (uno dei criteri per diagnosticare un Disturbo da Uso di Sostanze o di Alcol è proprio il persistere nell'uso nonostante le conseguenze negative del comportamento stesso).

A livello cerebrale le sostanze aventi un potenziale di abuso attuano un mix di condizionamento classico e operante stimolando il rilascio di dopamina a livello mesolimbico nel "circuito di ricompensa" del cervello, e quindi in pratica indicando al sistema "questa cosa è piacevole e importante: ripetila"...
[semplificando molto] La percezione delle conseguenze negative di una sostanza, se esse non sono immediate, è mediata da aree più recenti del cervello, che possono far fatica a controllare gli impulsi delle parti più arcaiche...ancora di più perchè l'uso acuto e cronico di svariate sostanze psicoattive può indebolire l'azione inibitoria della corteccia prefrontale (ad es Alcol) e quindi far prevalere l'impulso del soddisfacimento momentaneo rispetto alla pianificazione verso una migliore qualità di vita in futuro.
Inoltre superare l'"addestramento cerebrale" che fa percepire l'uso della sostanza come un qualcosa di importante/piacevole e da ripetere (con un urgenza e salienza a livello di stimolo di importanza vitale quanto la sete) può essere particolarmente difficile, e lasciare la persona divisa fra una parte razionale che vede i danni del comportamento attuato e una parte più arcaica che gli grida a gran voce di ripeterlo e che "questa volta sarà meraviglioso"..

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LINK:

Versione pdf scaricabile e stampabile (google drive):

 - Il "craving" nelle dipendenze (di Luycia Di Giuda; sito psicoterapiascientifica). 
 - Cosa significa "cue" negli studi sulle dipendenze da sostanze picoattive.
 - sapere che fa male non porta necessariamente a smettere..
  - Riflessioni sulla "compliance terapeutica" nella terapia per le dipendenze.
  - 2-Minute Neuroscience: Reward System (video youtube).

 - Alcolismo, il mio percorso (Blog Riemersione):
 - Mi presento: sono anguilla83.
 - "gruppo di mutuo aiuto per sballati e alcolizzati" (Gruppo FaceBook)

 - Riduzione del danno/rischio e info sostanze/dipendenze ("droghe", alcol, farmaci/psicofarmaci/sostitutivi):
 - Disturbo da Uso di Alcol secondo il DSM5:
 - Disturbo da Uso di Sostanze secondo il DSM5:

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